Le armi, i cavalli, l'oro by Duccio Balestracci

Le armi, i cavalli, l'oro by Duccio Balestracci

autore:Duccio Balestracci
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-01-05T16:00:00+00:00


Capitolo 10

1382-1386

La questione di Napoli

Firenze non è ingrata né immemore dei servizi ricevuti. Il ruolo determinante dell'Acuto nel normalizzare la situazione interna viene ampiamente riconosciuto e ricompensato, nell'estate del 1382, quando il comune, ben contento del lavoro svolto dal condottiero, gli accorda lo stipendio di dieci «lance morte» che significa, in parole povere, altrettanti stipendi per unità di combattimento puramente nominali, che non esistono nella realtà e il cui ammontare è appannaggio del condottiero.

Probabilmente, però, il ruolo di poliziotto non è quello che l'Acuto sente più consono al suo mestiere e quando si apre un nuovo scenario di guerra è verosimile che abbia tirato un sospiro di sollievo. Fra la primavera e l'estate, infatti, arriva a maturazione una storia cominciata due anni prima, relativa al contenzioso per la successione del regno di Napoli, e alla quale già si è fatto cenno.

Per sostenere la guerra contro Carlo di Durazzo, Urbano VI ha bisogno di soldati esperti e di capitani decisi. La guerra che aveva opposto Firenze alla Chiesa - la guerra degli Otto Santi, come era stata ironicamente ribattezzata quando gli Otto di Guerra fiorentini erano stati scomunicati - è ormai finita e le relazioni fra la città toscana e il papa sono, almeno formalmente, normalizzate. Così Urbano VI non ha remore a rivolgersi proprio alla città toscana perché gli metta a disposizione l'Acuto e seicento lance. La richiesta è imbarazzante perché, se accettata, sbilancerebbe i rapporti di forza tra i contendenti decisamente a favore di Urbano e di Carlo di Durazzo a danno di Ludovico d'Angiò disceso in Italia nel 1382. Ma dire di no al papa è, in questo momento, difficile. Firenze gli deve del denaro come risarcimento dei danni inflittigli con la guerra degli Otto Santi e la cessione dell'Acuto si configurerebbe proprio come un appianamento dei danni di guerra ancora non liquidati e per pagare i quali la città non ha i soldi.

Il comune accetta ma al tempo stesso capisce perfettamente che il gesto potrebbe avere un forte contraccolpo negativo nel quadro delle alleanze fiorentine. A trovare la pilatesca soluzione che salva la faccia di Firenze senza dire di no al papa è Simone Peruzzi che elabora un capolavoro di ambiguità diplomatica. Al papa - propone - si risponde di no, ma al tempo stesso si riconosce che se l'Acuto, sua sponte, chiede licenza e non intende rinnovare la condotta con Firenze perché preferisce andare con il pontefice, o con chi altro gli pare, non c'è possibilità legale di impedirglielo. Il machiavello funziona, o almeno è questa la spiegazione formalmente ineccepibile che un furibondo Bernabò Visconti deve ingollare quando rinfaccia ai fiorentini di aver concesso al suo nemico un formidabile atout ed è la stessa giustificazione che Firenze oppone ai senesi quando protestano con lei perché nel passaggio verso Roma il condottiero ha preteso quattordicimila fiorini di paghe - sostiene lui -arretrate. «Carlo - commenterà il Machiavelli in un passo delle Istorie fiorentine —, secondo il costume degli amici vecchi, chiedeva da loro [i fiorentini] aiuti, e Lodovico domandava, come fa chi cerca le amicizie nuove, si stessero di mezzo.



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